Nell’epoca del digitale e dei consumatori sapienti (ove non saccenti) la strada per i new talents per trovare uno spazio sulla scena e soprattutto sul mercato sembra essere un po’ meno accidentata. Lontani i tempi in cui un giovane Riccardo Tisci riuscì a portare Anna Wintour alla sua presentazione fuori-calendario, durante la settimana della moda di Milano, con il supporto della über-model e amica Maria Carla Boscono. Oggi certamente la visibilità è affare meno complicato eppure il rischio, come sempre e dappertutto, è che le proposte fresche si perdano nel mare magnum dei feed sui social network. Alcuni new talents hanno tuttavia saputo catalizzare l’attenzione della stampa e dei compratori insistendo su proposte di rottura: sono le stelle nascenti del fashion system.
Sies Marjan p/e 2017
A New York Sies Marjan ha debuttato nel febbraio del 2016 con la sua prima collezione in un loft a TriBeCa, garantendosi un’esclusiva per due anni presso Barneys (gigante del retail Made in USA). L’entusiasmo per la sua prima prova stava tutta nelle premesse “There’s very few women that look good in black.” E infatti i colori sono la vera cifra distintiva di questo designer. Nato in Brunei, cittadino del mondo, studente della Central Saint Martins di Londra, al netto di molteplici esperienze lavorative, decide di abbandonare il suo ultimo impiego chez Dries Van Noten per lanciare la propria linea che porta i nomi congiunti del padre e della madre. Sander Lak, nome del designer, ha catalizzato l’attenzione invadendo e bruciando gli occhi degli spettatori con la sua palette incessantemente vibrante. Lo scorso settembre è scesa in passerella la collezione per la p/e 2017 e la sinfonia di nuances non sembra aver subito battute d’arresto; se possibile i colori si sono addirittura acidificati, trasformati in sfumature intense graniticamente drappeggiate sulla figura senza alcuna mescolanza. L’arancio è tutto arancio, il rosa è solo rosa, il verde pistacchio nient’altro che quello. I capi sono fluidi, gli americani direbbero “pretty”, tuttavia non perdono mai una certa forza. Le sete scivolano sul corpo ma tinte di blu pavone sferzano un colpo d’ali che non si dimentica.
Sies Marjan p/e 2017
Sies Marjan a/i 2016
Denim è la parola chiave del duo portghese di stanza a Londra Marta Marques e Paulo Almeida. Marques‘Almeida, vincitori del LVMH Young Fashion Designer Prize nel 2015, non sono veri e propri neofiti, la loro prima collezione risale al 2011. Esempio, questo, di come un marchio che è nato investendo sul talento dei suoi fondatori sia sopravvissuto al fagocitante bisogno di novità dei compratori. La prima collezione fu un inno al denim e ad un’estetica anni ’90 di cui il duo è tuttora portavoce. In un epoca in cui la risurrezione di quel periodo non era veramente un trend, come invece è oggi.
Marques’Almeida a/i 2011
Marques’Almeida p/e 2016
La proposta si è evoluta e la recente collezione presentata alla #LFW per la p/e 2017 è una caleidoscopica visione romantic punk: le maniche a sbuffo, le stampe floreali broccate sporcate da bagliori di colore confuso o futuribili grazie alla gonna a tutta lunghezza in nappa laminata argento. Eppure insiste e ritorna un codice che è stata la fortuna del marchio e ossessione nelle gallery di streetstyle delle ultime stagioni: il denim. Asimmetrico, tagliato a vivo, usato come un tessuto nobile al servizio di volumi importanti, ingombranti, couture. “Non consideriamo affatto Marques’Almeida come un marchio di jeanseria, perché credo che quel che tentiamo di fare con il denim sia molto diverso… ci sembra di poter fare ancora molte cose nuove con il denim che per qualche ragione non sono ancora state fatte…” ammette lucidamente Marta Marques. È dunque la storia di un marchio che ha saputo trovare il suo nobile spazio sulle passerelle e negli armadi dei consumatori partendo dal materiale più usato – e bistrattato – del nostro tempo. Long live the denim galore!
Marques’Almeida p/e 2017
A Milano, come accade ormai da qualche stagione, Giorgio Armani offre a giovani talenti, personalmente selezionati, l’opportunità e i mezzi per presentare la propria collezione presso i suoi spazi di via Bergognone. Per la p/e 2017 è toccato a Ricostru, collettivo di design e marchio fondato in Cina nel 2011 da Manchit Au; intelligente e beneaugurante la scelta di dare spazio ad un designer cinese in un’epoca nella quale non solo il mercato su quel fronte sta allentando gli entusiasmi, ma per contro si moltiplicano le proposte creative autentiche e talentuose Made in China.
Ricostru p/e 2017
Il nome del marchio è una dichiarazione preliminare, un manifesto reiterato per questa collezione di (grande) debutto. Ricostru(zione) intesa come ricerca e riscoperta di un’eleganza che mira a perdersi nel tempo e nello spazio; essendo qui ed ora ma anche per sempre e dovunque. Ricostruzione come costruzione e stratificazione di materiali che si sovrappongono senza nulla togliere alla fluidità dei capi anzi aggiungendo statuarietà al corpo. Le sete dai colori-non-colori che sono nude o blu notte o neri assoluti non appesantiscono la figura che piuttosto viene abbracciata da uno slancio verso l’alto. L’asimmetria dei volumi crea il corto circuito necessario per disvelare la personalità spiccatamente onirica del marchio.
Ricostru p/e 2017
Pushed by Martino Carrera