Si è conclusa ieri la London Collections Men, edizione britannica della settimana della moda uomo per il prossimo a/i 2017. La stagione delle sfilate maschili si apre sotto il segno dell’attesa; tra brand – come Burberry – che hanno scelto la formula della sfilata unica uomo e donna, e quindi assenti, e il grande ritorno su suolo patrio di Vivienne Westwood.
Londra ha certamente il merito di aver promosso in modo sistematico l’ascesa di talenti secondo un programma marziale di investimenti e sostegno. I nomi che oggi sono fiore all’occhiello delle sfilate di London Collections Men erano sconosciuti ai più fino a pochi anni fa.
Craig Green si è distinto già a partire dal 2013 per il suo approccio utilitaristico all’abbigliamento maschile. Senza poterli collocare nello spazio e nel tempo, men che meno nelle occasioni d’uso, i suoi capi sfidano le paure più profonde dell’essere umano e le sue fragilità, elevando gli abiti a protezione, scudo e armatura. L’ a/i 2017 torna su questi temi e, per ammissione del designer stesso, racconta il mare, i suoi abissi, le sue oscure profondità, quasi che le acque cristalline siano solo la superficie appetibile di un mondo in realtà fonte di angosce e pericoli. Descrive l’incertezza del presente, usa gli abiti come inespugnabile fortezza, sfidando la paura che rimane tuttavia il vero motore delle sue scelte di stile. Spogliato di ogni riferimento spaziale il sommozzatore di Craig Green si fortifica in completi trapuntati, armature decostruite dalle fantasie tappezzeria, cloche da pescatore, la vita strizzata dalla cintura come un moderno combattente, i tessuti impermeabili e i colori a mimesi della terra. L’uomo di Crig Green è impermeabile al mondo perchè chiude se stesso dietro e dentro agli abiti ed esorcizza così le paure, gli abissi del mare, gli abissi del sè.
JW Anderson non è un giovane designer, non nell’accezione secondo cui l’età anagrafica sarebbe un valore di per sè. Benchè effettivamente giovane, domina la scena della London Collections Men dal 2008 quando presentò la sua prima collezione menswear per poi introdurre una linea per la donna e portare il colosso del lusso LVMH ad investirlo della carica di direttore creativo di Loewe, marchio spagnolo al quale ha dato lustro e relevance sopiti da tempo. Per la collezione uomo a/i 2017 Anderson mette in campo tutto quello che gli è famigliare. Con sovversione guarda alla tradizione, al démodé, scegliendo accozzaglie che altrove suonerebbero stonate. La maglieria fatta a mano, la tecnica dei granny square e del crochet sono il focus essenziale di questa collezione. Reminiscenze dell’infanzia nel Nord dell’Irlanda che prendono una piega inquietante. Un cast di modelli giovanissimi, più di sempre, porta in passerella cappotti in maglia a cui sono sovrapposte, senza soluzione di continuità, sciarpe frangiate e poi maglioni dalle proporzioni esagerate, al limite dell’utilizzabile. Verrebbe da dire che questa collezione sia giocosa, divertente (le slip-ons sono arricchite da brandelli di lana ai ferri), eppure il senso di disturbo che trasmette racconta molto altro. Di un’adolescenza vissuta sul filo dell’esplorazione, della scoperta, del mondo al quale si vuole appartenere, polarizzata tra il comfort della copertina crochet che si fa sciarpa o manica o sovra-gonna e la controversa, quasi occulta, fascinazione per i disegni dipinti delle vetrate di una cattedrale gotica che diventano orpello per un paio di blue jeans. In questo è eccellente il lavoro di JW Anderson: oggettivare una visione che è così materica e così esperibile da risultare contemporaneamente disturbante e affascinante. A cercare eccessivamente di quadrare questa accozzaglia si rischia di perdere la fascinazione di questi adolescenti al limite tra famigliare e ignoto.
Wales Bonner (Grace) è il vero astro nascente della moda londinese. Diplomatasi alla Central Saint Martins nel 2014, è gia vincitrice di un paio di premi internazionali per gli stilisti emergenti. Figlia di madre inglese e padre Jamaicano, cresciuta nei sobborghi a sud di Londra, si è distinta per il suo approccio multiculturale nel senso più integrativo possibile. Spirituals II è la collezione per l’a/i 2017 e infatti, lasciando da parte gli orpelli ed incrostazioni che sono stati sua cifra distintiva per le prime collezioni, manda in passerella un’infilata di predicatori da strada, di anime che attraverso la litania della parola potranno cambiare il mondo. Quello di Wales Bonner è un viaggio verso la Mecca – via Dakar, Kingston, Barbès e ovviamente Londra. Collabora con Stephen Jones per i copricapi, tra i quali il classico jamaicano, con i rasta che sono brandelli di pelliccia, con Manolo Blahnik per le calzature cut-out e patchwork. Dove la politica ha fallito, promuovendo un’utopico sincretismo tra culture, una giovane donna, nata sotto il segno dell’identità frazionata, è riuscita a dare un corpo e un guardaroba al presente. Eppure la sua non è una dichiarazione politica, è più semplicemente “…what I believe in”.
Vivienne Westwood torna, dopo anni di assenza, sulle passerelle della London Collections Men per presentare la sua collezione per il prossimo a/i 2017. Una collezione che unisce uomo e donna, modalità non nuova, a dire il vero, per la stilista. Leitmotiv ricorrente è la giacca dalle spalle imponenti, indifferentemente indossata da uomini e donne, in una declinazione del guardaroba genderless o intercambiabile che è cortocircuto di riferimenti. Perchè questo approccio, che ha fatto la fortuna di un noto marchio über cool (Vetements ndr) e osannato dai più, è in realtà un’iterazione che la Westwood conserva nel DNA del suo brand da molto tempo. Affinchè questa affermazione sia più vera, scendono in passerella uomini che hanno rubato non solo la giacca, ma anche la gonna o l’abito in pizzo di lana e sicuramente lo stivale texano alla propria compagna. Uomini che indossano l’abito monospalla con disinvoltura. Altrove insiste sul tema del riciclo, unica via certa, facendo a brandelli la maglieria e ricomponendola in modo tale che di questo patchwork impressioni più lo sforzo di lavorazione che il risultato, abbellisce gli abiti di volti totemici che suonano come un monito ad abbracciare la resistenza persistente e attiva. Che la sua sia moda che fa politica è fatto noto, che si sia impegnata nel corso delle stagioni a fare della battaglia green-conscious il suo vessillo, anche. In questa sfilata la designer ritaglia anche uno spazio per sè, per raccontare parte della sua storia personale di creativa senza trascurare che la moda è commitment.
Pushed by Martino Carrera