Art-In-Between. Questo il titolo della mostra in programma al Metropolitan Museum Constume Institute dal prossimo 4 maggio dedicata a Rei Kawakubo, schiva e antidiva designer di Comme des Garçons. In qualche modo il tema di questa retrospettiva, ancora tutta da scoprire, ha dettato il fil rouge di questa settimana di sfilate parigine dedicate alla prossima f/w 2017. I designer si sono per lo più raccontati in bilico tra passato e presente, creando frizioni stilistiche che collocano le collezioni in-between, in una terra di mezzo.
Comme des Garçons è da sempre uno show che esclude qualsiasi possibilità di rintracciare riferimenti. É moda che si dissocia dalla moda stessa eppure ne produce un racconto che la avvicina, molto più che altrove, all’arte. Per la f/w 2017 è un excursus sul trattamento, inteso come processo dialogico tra la forma, il tessuto, i volumi e il loro creatore. La presentazione si apre con abiti dai volumi sinuosi, dentro ai quali il corpo scompare, perchè gli abiti stessi sono carne, materia viva. Le forme sinuose ricordano la Venere di Willendorf, dettano i canoni di un’estetica del corpo femminile che rimanda al passato. Lasciano poi spazio a costruzioni ancora più ardite, dove il tessuto ruvido e graffiante di un robe-manteau dal gusto militare è plasmato come fosse materiale da riciclo. I rossi assoluti assomigliano alla ri-fabbricazione della Venere di Milo. Con questo si insinua il dubbio che il discorso di Rei Kawakubo non riguardi soltanto il processo di creazione ma anche la creazione del paradigma di ciò che è bello. Lo show si colloca quindi come una perfetta retrospettiva, ma anche uno sguardo al futuro, ma anche processo, ma anche risultato. È tutto, è niente. È soprattutto forma.
Quando a settembre si definiva il debutto di Anthony Vaccarello da Yves Saint Laurent un esordio timido era evidente che le aspettative per la seconda prova del designer italo-belga fossero alte. Aveva dimostrato di sapersi fare carico dell’eredità del marchio in modo personale e inusuale. Questa seconda prova sbaraglia ogni dubbio. Il nuovo YSL ha molto da raccontare. La transizione dal grunge all’estetica goth è passata come un guizzo nel corso di due sole stagioni. E la prossima f/w 2017 è quanto mai convincente. Gioca sulle fratture esponendo una spalla là dove sull’altra è costruita una rouche, decostruisce uno shearling per farne dei guanti couture che sono ben più che semplice accessorio di completamento. Il nero domina, illuminato dai cristalli, adombrando persino i marroni e i blu che sembrano solo una variante del non colore per eccellenza. Ricorrono gli stivali al ginocchio, arricciati, in tutte le varianti che si possono immaginare compresa quella che ha fatto capolino su tutto il web: ricoperta di soli cristalli Swarovski. È una collezione che ha tutte le carte in regola per essere vincente anche a livello commerciale. L’eredità raccolta da Hedi Slimane era ingombrante da gestire e qui pare che Vaccarello ci stia riuscendo alla grande. Scende in passerella una very goth girl à la Vaccarello maniera.
Dries Van Noten celebra il suo centesimo show. Sceglie di ripercorrere la sua storia enciclopedica fatta di tagli generosi, forme maschili e di poesia che tesse gli abiti. La passerella è calcata da tutte le donne che hanno accompagnato i successi del designer, da Kirsten Owen, Carolyn Murphy ad Alek Wek e Debra Shaw. Questa l’unica indulgenza che Dries si concede, allestendo lo show in uno spazio industriale privo di qualsiasi orpello decorativo. A parlare saranno gli abiti “dai tagli maschili, come abbiamo sempre fatto”. Backstage Van Noten ha aggiunto “abbiamo esagerato i volumi, ma le forme sono abbastanza semplici, confortevoli, abiti da giorno più che mai”. E in effetti quel che stupisce è anzitutto la capacità di infondere di energia e novità la storia, le proprie radici, di creare anche per la celebrazione l’abito meno celebrativo di tutti che accosta un cappotto dalle forme generose a pantaloni morbidi, elegantemente scivolati. Le stampe ricollocano tutto questo immaginario nel contemporaneo, sono più sferzanti e psichedeliche del solito. Sono il modo che Dries Van Noten ha di celebrare il suo traguardo, con la discrezione e l’umiltà di chi non cede all’autocelebrazione, semplicemente fa ciò che gli riesce meglio, in silenzio.
Sul moodboard della sfilata f/w 2017 di Valentino, Pierpaolo Piccioli ha appuntato immagini e memorabilia di epoca vittoriana in bianco e nero accostati alle stampe ed opere di Nathalie Du Pasquier, artista multiforme che aderì al Memphis Group fin dagli inizi. La frizione che si crea è esattamente quella che rintracciamo sulla passerella. La collezione è costellata da abiti dalla linea ad A, per lo più accollati e fluidi, dai colori vividi ma impolverati o ricoperti di stampe: numeri, greche, motivi geometrici. É una conversazione ardita tra mondi apparentemente distanti, lo stesso Piccioli sostiene che la novità nasca “da cose che si conoscono già e vengono messe insieme in un modo diverso, in modo da togliere le idee pregresse”. In sostanza il processo di creazione è anzitutto un percorso di ricerca di significati secondi, inaspettati, insoliti. Il romanticismo noir dell’epoca vittoriana viene sgualcito dal colore, la bidimensionalità delle stampe esaltata dalle forme in movimento. L’intuizione di questo designer, nella sua corsa in solitaria, è quella di abbandonare il conforto dell’abitudine, per la quale si sa, la moda ha un’avversione indomabile. Dentro a questa collezione, votata per lo più agli abiti da giorno, ci sta tutto quello che un guardaroba contemporaneo richiede, compresi gli anfibi e gli stivali da accostare al giorno, alla sera, al pizzo, al colore. É (quasi) normalità.
Demna Gvasalia, alla sua terza prova da Balenciaga, dimostra di sapersi scapicollare con intelligenza, all’interno degli archivi della maison. Gestualità e attitudine sono i riferimenti essenziali per la f/w 2017. Da una parte ci sono le foto d’archivio che ritraggono le clienti di Cristóbal indossare i cappotti e chiudersi il bavero fra le mani, per proteggersi. Qui, con una sovversività sottile ma dirompente, tutti i cappotti hanno letteralmente l’abbottonatura sulla spalla. Talmente efficaci che, ad un primo sguardo, sembrano indossati alla rinfusa. Un’infilata di check e lane secche maschili dalle quali fanno capolino con irriverenza abiti scivolati in colori assoluti. Dall’altra gli anni ’50 e ’60, la couture e la sua attitudine. Con un ulteriore azzardo, le uscite conclusive celebrano alcuni abiti iconici di quegli anni, di cui ne attualizzano proprio l’attitude, che oggi ha forme e nomi diversi. Non sono solo le grandi borse, in coordinato, ad appiattire qualsiasi deriva citazionistica; ad intervenire in tal senso è sopratutto la sfrontatezza di un lungo abito di piume scombinate, quella di accostare il romanticismo di un abito stampato ad uno stivale nero coprente. Il tributo a Balenciaga, il couturier, è indomito, agghiacciante, controverso, a metà fra strada e atelier.
Chanel. Centre de Lancement N°5. Space Trip. Con queste poche parole potremmo riassumere buona parte della sfilata allestita da Karl Lagerfeld per la f/w 2017. Eppure qui nulla è coerente, niente è come sembra. Chanel propone un viaggio nello spazio, con tanto di navicella spaziale pronta al lancio. Pensato mesi prima della recente scoperta dei 7 esopianeti di Trappist-1, lo show ha il sapore di una predizione. Del resto Lagerfeld è sempre stato un antesignano, creatore e narratore di mondi, ansioso di disfarsi del passato, incalzato dall’urgenza del futuro, curioso del presente. La collezione non mutua dallo scenario alcun che, se non forse un’idea. Quella di scrivere e dettare un nuovo classicismo, futuribile ma contemporaneo. La sovrabbondanza di cristalli e ricami è un invito ad essere davvero “di moda”, tanto è fuori dal tempo riservare lo scintillio per la sera. Per questo Karl fa brillare il classico stivale tubolare rasoterra, impreziosisce le fasce per capelli. Quanto agli abiti ritroviamo tutti gli stilemi cari al designer, la storia della maison nella versione che Karl ha pensato per il presente. Rappresenta il desiderio di scrivere un guardaroba contemporaneo senza tempo, nello spazio. Oggi è già domani.
Pushed by Martino Carrera