Quando si parla di moda e di collezioni, ma soprattutto quando si parla di show, il rischio è quello di essere troppo o troppo poco concentrati sull’abito. Questo succede, molto spesso, perchè – che piaccia o meno – la moda racconta il presente e lo spirito di una nazione, di una cultura, di un momento storico, efficacemente.
Per questo i creativi sono creativi e chi ne scrive e racconta gli sforzi (i critici), deve necessariamente guardare senza pregiudizio quello che scende in passerella.
Milano è senza dubbio votata al pragmatismo, lo sono la sua storia, la sua industria, la sua attitudine. Lo è anche la sua moda. Tuttavia questo non impedisce ai designer di regalare collezioni per la prossima PE 2018 che non sfuggono al presente, alle sue nuove forme di socialità ed espressione. Anzi, un ritrovato femminismo, un nostalgico sguardo al passato e una strada chiara, definiscono queste proposte per la prossima primavera-estate, dipingendo una donna che non teme il presente.
Miuccia Prada si ispira al fumetto femminile e femminista, rubandolo a diverse epoche, dagli anni ’40 ad oggi, ma dichiara «non abbiamo pensato alle epoche a dire il vero, volevo mixare diverse personalità.»
La collezione parte dalla tela bianca sulla quale sono stati stampati in capo collage fumettistici, che lasciano spazio qua e là al maculato. La tela diventa scamiciato, da indossare sul pantalone a sigaretta, oppure camicia abbinata agli short-pants e alla giacca smanicata. È una proposta per la PE 2018 molto scanzonata nei volumi, molto meno nel messaggio. Per Miuccia è tempo di aiutare le donne a parlare – senza timori – di forza, autostima, potere ed emancipazione senza per questo dover cadere nelle tentazione di essere maschiacci. Meglio, si può essere femminili, anche vestite da maschiaccio. Il rischio è quello di essere prese femministe sul serio.
Donatella Versace ha impiegato 20 anni ad elaborare il lutto. Il suo sguardo nostalgico sulla storia creativa del fratello Gianni sono l’esegesi stessa di questa collezione. Non è solo un fatto personale, né solo una scelta celebrativa; è piuttosto la possibilità che la designer offre ai giovani di guardare al passato, fonte inesauribile di risorse ed ispirazioni, soprattutto quando, come accade oggi, la velocità dell’informazione è talmente protesa verso l’incertezza del domani, che appare necessario ritrovare le proprie radici. E le radici di Versace stanno tutte nelle collezioni di Gianni: la stampe Vogue, Baroque, Native Americans, tra le altre, vengono declinate su look head-to-toe dai tagli contemporanei (il leggins, afferma Versace, sono il vero trend dei millenials).
E infine il metal mesh, la maglia metallica, portata in passerella da cinque delle supermodels icone degli anni ’90, per le quali il nome da solo è rappresentativo: Cindy, Helena, Naomi, Claudia, Carla. «Finalmente ho avuto il coraggio di guardare agli archivi e fare il mio tributo a Gianni», racconta Donatella. Quanto coraggio a credere di poter essere rilevanti oggi e per la prossima PE 2018 con la nostalgia della moda del passato. Un coraggio che brilla, di luce propria.
Erase and rewind. Tornare al passato senza aggiungere nuova linfa non può essere la strada. Paul Surridge – nuovo direttore creativo di Roberto Cavalli – e Luke e Lucie Meier – nuovi co-direttori creativi di Jil Sander – hanno colto piuttosto l’opportunità.
Cavalli apre con un abito blu alla caviglia che rivela le spalle, incorniciando il volto benché seguito da una reinterpretazione grafica, per non dire geometrica, dell’iconica zebra-print della maison, è l’abito che più sensibilmente racconta la collezione. Per la PE 2018 Surridge ha reinventato Cavalli allontanandosi solo in apparenza dalle donne-amazzoni. A ben guardare, in quei cut-outs che espongono le spalle, nel look di apertura, sta tutta la premessa e l’eredità di un brand che è stato riportato nel presente, sta tutto l’espressionismo di Roberto.
Lo stesso succede da Jil Sander, dove la nuova co-direzione creativa prova a tracciare e definire, con più purezza di quanto fatto in passato, la dualità e contraddizione di questo marchio. «Se guardi attentamente a Jil Sander, è [un brand] molto profondo, molto emozionante, molto leggero e molto femminile“» afferma Luke. Dunque non serve, forse, trovare una nuova strada ma ripercorrere la vecchia con la purezza dei bianchi, blu e neri che lasciano spazio a poco altro colore. Quando è colore, è massimalista, geometricamente accostato sulla morbidezza di un abito slipdress asimmetrico in maglia di lana, rada e di rara bellezza. É molta poesia in un primo show, che non urla ma segna un punto preciso dal quale partire, con la prossima PE 2018.
Pushed by Martino Carrera